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Il mostro di Marsala

2020-12-15 15:27

Ludum Science Center

Scienza e storia,

Il mostro di Marsala

Era il 21 Ottobre del 1971..... tre bambine, Virginia, Ninfa e Antonella, uscirono per accompagnare a scuola la sorella di Antonella, Liliana.

Era il 21 ottobre del 1971, la città di Marsala era certamente diversa rispetto a come è oggi. Tante le case in costruzione, tanti i ruderi abbandonati e soprattutto tanta povertà , la ferita lasciata dal devastante terremoto del Belice di poco più tre anni prima era ancora aperta.

Tanta miseria poco lavoro e l'unica prospettiva per continuare a campare era spesso solo l'emigrazione in Germania.

Quel giorno tre bambine, Virginia Marchese di nove anni, sua sorella Ninfa di sette e l'amica Antonella Valenti di undici anni uscirono di casa per accompagnare a scuola Liliana, la sorella di Antonella.

Erano tre bambine cresciute nella povertà più assoluta, tra le case popolari INA, con il cemento e lo sporco. Giocavano spesso in strada, non potevano permettersi giocattoli e grandi cose, ma erano allegre e spesso davano una mano in casa, felici e vivaci con una vita ancora da scalare.

Da quel giorno non fecero più ritorno. Vito Impiccichè, il nonno di Antonella, non vedendola rientrare lanciò l’allarme e iniziò così una ricerca che coinvolse oltre agli uomini delle forze dell’ordine, anche tantissimi cittadini che per giorni passarono al setaccio tutto il territorio e le campagne marsalesi.

Delle bambine nessuna traccia, a qualche giorno della scomparsa c’è un primo testimone, un benzinaio di origine tedesca, Hans Hoffman, riferisce agli inquirenti di aver visto un uomo su una Fiat 500 blu con a bordo delle bambine che gesticolavano e sbattevano le mani nel finestrino dell’auto come per chiedere aiuto.

Il caso venne affidato al giudice Cesare Terranova, in seguito, nel 1979, ucciso in un agguato mafioso a Palermo.

Ben presto le chiacchiere si fanno cattive e a farne le spese sono i soliti capri espiatori: gli zingari, gli omosessuali, i fantomatici stranieri impegnati nella tratta delle bianche.           I pettegolezzi hanno terreno fertile a Marsala perché la città ha un volto nascosto.

A quel tempo è “una città di vizi” dove nelle case aristocratiche degli ultimi gattopardi o dei nuovi arricchiti si tengono orge di tutti i tipi, ma chi ha rapito le bambine non va cercato nei quartieri dove i Valenti e i Marchese non mettono mai piede. Lì, si consumano altre brutte storie e a Terranova non sfugge che se le bambine fossero state prese con la forza qualcuno l’avrebbe notato. Si sono fidate di chi le ha portate via e questo significa che conoscevano il loro rapitore.

Dopo qualche giorno si presenta davanti al giudice Terranova, Giuseppe Li Mandri, dicendo di essere lui l’automobilista della 500 blu, e che a bordo c’era il figlio che faceva i capricci perché non voleva andare a trovare un parente in ospedale.

Questa è una prima stranezza sul caso: chiamata a testimoniare la moglie di Li Mandri ha detto che non c’era nessun parente in ospedale.

A cinque giorni dalla scomparsa delle bambine, il 26 ottobre, per caso, nei pressi di una scuola abbandonata in c.da Rakalia,un passante trova il corpo della piccola Antonella Valenti.

La bambina ha subito violenza ma in seguito l’autopsia escluderà quella carnale. Accanto al corpo c’è del nastro adesivo prodotto dalla ditta San Giovanni di Marsala.

Il nastro adesivo trovato vicino al corpo conduce le indagini verso quella fabbrica, dove lavora Michele Vinci, lo zio di Antonella.

Sono almeno tre gli indizi che portano i giudici a stringere il cerchio su di lui. Il primo: ha una Fiat 500 blu sulla quale c’erano state delle testimonianze; lavora dove viene prodotto il nastro utilizzato per soffocare la bambina; l’ultimo indizio arriva dalle dichiarazioni della moglie che ha detto agli inquirenti che il marito il giorno della sparizione delle bambine non era rientrato a casa per il pranzo come solitamente faceva.

Il giudice Terranova emette il mandato di arresto per Vinci. Lo interroga e messo alle strette confessa di aver rapito le bambine per appartarsi con una di loro, con la nipote Antonella, e di aver gettato Ninfa e Virginia in una cava profonda circa una ventina di metri che si trovava all’interno di un terreno di proprietà di Giuseppe Guarrato, dove effettivamente verranno ritrovate il 9 di novembre.

Vengono trovati nei pressi dei corpi misteriosi capelli di donna , la ricostruzione fatta da Vinci è piena di contraddizioni e ci sono molti dubbi.

Si profila concretamente la possibilità che abbia avuto uno o più complici. Viene indagato Guarrato, il proprietario dell’appezzamento di terreno dove sono state trovate le sorelle Marchese, ma non ci sono prove che confermino le ipotesi investigative e Guarrato viene prosciolto.

Il Vinci accusa poi di essere il mandante del rapimento , Franco Nania, professore di elettrotecnica a Pantelleria e direttore della cartotecnica San Giovanni dove Vinci lavorava.

Vinci racconta di essere stato minacciato dal professore se non avesse preso Antonella. Nania viene arrestato e rinviato a giudizio, accusato di concorso in sequestro e triplice omicidio. I magistrati non trovano nulla che possa confermare la pesante accusa mossa da Vinci e Nania viene prosciolto da ogni accusa.

Accuse e ritrattazioni si susseguono e le perizie psichiatriche su Vinci sono incerte , dichiara di aver agito sotto l'influsso di bevande piene di droga offertegli da un misterioso uomo .

Le cose prendono una forma più misteriosa a seguito di numerose morti legate alle accuse fatte da Vinci o all'omicidio.

Il primo fu Giuseppe Li Mandri, l’uomo della 500 blu con il bambino a bordo. Morto misteriosamente cadendo da un tetto.

Poi tocca a Ignazio Guarrato, parente di Giuseppe, titolare del fondo dove sono state ritrovati i corpi di Ninfa e Virginia, aveva la sua abitazione in contrada Amabilina da dove poteva vedere il luogo dove sono state gettate, precipitato in un pozzo in una zona che conosceva molto bene poco prima della sua testimonianza.

Ed infine poco prima della condanna, Vinci rivela di aver scritto una lettera a padre Fedele, sacerdote della Chiesa addolorata di Marsala confessandogli tutto: il religioso muore a causa di un malore, la lettera viene cercata in casa del prete ma non viene trovata. Il corpo del religioso viene riesumato e l'autopsia conferma la morte naturale.

Come sempre in Sicilia anche i più efferati delitti non sono mai lineari e le strade si biforcano perdendosi, quello che appare in altri luoghi un raptus di follia sessuale, per il PM, Giangiacomo Ciaccio Montalto fu invece una vendetta di mafia, convinto che Leonardo Valenti, era un corriere della droga per conto di Cosa Nostra.

Valenti era quindi emigrato in Germania perché voleva rompere questo tipo di rapporto. Il rapimento di Antonella, ad opera di Michele Vinci, sarebbe stato eseguito per volere della mafia, per far tornare i Valenti dalla Germania.

Ancora secondo il giornalista RAI Vito Palmeri pare che Leonardo Valenti avrebbe dovuto partecipare al sequestro del deputato regionale DC Salvatore Grillo, ma dopo aver rifiutato di commettere il reato avrebbe subito le conseguenze dello sgarro da parte della mafia.

L'unica realtà anche se piena di contraddizioni resta quella processuale con Vinci condannato all'ergastolo, pena poi commutata in appello a 28 anni, era il 1975.

Michele Vinci dopo aver scontato la pena è stato scarcerato nel 2002, è andato a vivere in provincia di Viterbo, fa il giostraio , non è tornato mai più a Marsala, così come non tornarono mai più a casa le tre bimbe.

 

Fonti : wikipedia. Com ; .tp24.it ; lavocedinewyork. Com ;- Il mostro di Marsala e il terribile omicidio di tre bambine che scosse l’Italia di Angelo Barraco

 

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